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Bio etico, che fatica a trovarti oggi!

Nell’articolo precedente, il primo, è stato fatto riferimento all’etica del mondo bio, riflettendo sul fatto che dovrebbe essere applicata (e così sempre La Russolillo fa) anche nelle produzioni convenzionali. Nell ultimo caso so di chiedere troppo, ci sono scelte industriali che vengono appoggiate da consumatori che con le loro scelte di acquisto ne giustificano l’esistenza e l’espansione. Nel caso del bio però non mi capacito di come questo possa succedere e non è una piccola parte. Negli ultimi 15 anni, le vendite bio stanno aumentando sempre più, ma negli ultimissimi anni la crescita è stata vertiginosa, e quasi tutto questo ulteriore flusso sorprendente è venuto dalle vendite in g.d.o.. Come detto nel precedente articolo, il consumatore con le sue scelte, determina spesso quelle agli acquisti e salendo la catena, le scelte di produzione. Ricostruendo il tutto, il triste risultato è che, le impennate di vendite bio, nella maggior parte dei casi, son dovute alle vendite di bio industriale. Aver comprato in offerta al discount (o ipermercato, perché oggi pur di fare numeri, non vedo tanto la differenza nei ragionamenti fatti all’acquisto) una passata di pomodoro 700gr BIO a 0,79€, vi fa pensare di mangiar qualcosa di sano solo perché c’è scritto BIO? Il mio primo maestro di vendite (il produttore dev’essere anche questo se vuole presentare personalmente i suoi frutti, mettendoci la faccia), dott. Balzano, attuale mio capoaera Campania, dice: il corpo umano è una macchia perfetta, sappiamo tutti riconoscere il buono dal meno buono. Io aggiungo: a volte questa verità viene leggermente offuscata dalle convinzioni che possono essere: diverse cose scritte in etichetta (spesso scrivere bio ha lo stesso valore che scrivere conserva della nonna= zero), la pubblicità, quella bella pedana messa in corsia preferenziale, l’apposizione del marchio del supermercato.

Nata e cresciuta solo con madre natura, biologico

Nel precedente articolo ho invitato ad un acquisto consapevole soffermandosi a studiare l’etichetta, ma ora vi parlo di una cosa molto più semplice: se proprio volete provarla, degustatela con la mente sgombra da ogni condizionamento. Scusate se vi faccio il ragionamento col solito prodotto, è il mio campo ma è anche un prodotto da uso comunissimo, paragonate una passata di pomodoro col sapore della passata fatta coi pomodori d’agosto (tutti possono perderci 2 minuti a passare qualche frutto almeno nel periodo in cui non si trovano di serra, almeno 1 volta). Se non è quello il sapore ed è molto più simile o uguale alle classiche passate industriali non bio che comunemente trovate al supermercato, che senso ha aver comprato quel bio? In quel caso vi consiglierei di scegliere il suo equivalente convenzionale a 20cent in meno, cambierà veramente poco o nulla. Se devo spendere in più, dev’essere per un vero prodotto salutare e con quest’articolo siamo già a 2 strumenti con i quali potete fare la vostra scelta consapevole. Quello che mi auspico è che, determinati colossi industriali continuino a far produzione di massa per quella grande richiesta che c’è di prodotto a bassissimo costo, smettendola di contaminare il mercato bio, con questo mondo hanno poco in comune, di certo non l’etica. La Russolillo riconosce ben oltre il 30% in più (il minimo sindacale) sulla materia prima bio rispetto a quella convenzionale. A volte sento parlare di trattative chiuse con bio pagato meno di quanto pago io il convenzionale, bio che non comprerei manco morto, per questo ora quando vedo certi prezzi sul bio, non mi scandalizzo più di tanto. Quest’anno abbiamo riconosciuto quasi il doppio per spronare ad una coltivazione e raccolta sempre più di valore, ad esempio, coi pomodorini gialli e viola c’ero personalmente in campagna a Matera, convincendo il contadino a riconoscere ai braccianti un extra (proprio per questo avevo riconosciuto un prezzo al kg fuori mercato, per permettere che tutta la filiera potesse lavorare nelle migliori condizioni), arrivando a raddoppiare quanto ad esempio ne guadagna in media un povero ragazzo sfruttato nelle campagne da un caporalato che riconosce una miseria pur di rientrare nelle spese con quanto gli riconosce la grande industria (anche quella bio! Alla faccia dell’etica). Io ho avuto una raccolta di qualità e con la coscienza a posto, per me quel gesto ha reso il prodotto ancor più degno di esser definito bio, al di là della retta che pago ad un ente certificatore, che gli esami sui multi residuali siano sempre ok ecc… Non perdiamo di vista i valori del movimento bio, non è solo un prodotto a scaffale, un marchio su cui speculare come ultimamente sta accadendo; caro consumatore, non lamentarti solo nei commenti, dimostra con le tue scelte consapevoli, il potere è nelle mai del consumatore. Nel prossimo articolo parleremo della passata, come scritto nel primo dovevo parlarne ora ma ci tenevo a chiudere il discorso dell’etica bio, per approfondimenti su questo argomento vastissimo, posso girare qualche link di articoli a chi me lo chiede, alla prossima!

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